sabato 26 settembre 2015

Soluzione migranti completa

Anno 2020, sulla piattaforma Ulisse a largo dell’isola di Lampedusa, veniva accolto un nuovo “carico” di migranti. Le vedette della marina militare italiana con l’ausilio di un elicottero avevano scortato un barcone con circa 150 migranti, proveniente dalla Libia.Oramai erano pochi, se non rari, i barconi che partivano dalle coste nordafricane. Le piattaforme militari avevano funzionato e i migranti avevano interrotto, quasi del tutto, quel lungo viaggio che per anni li aveva condotti verso le coste della speranza, spesso terminato tragicamente. La piattaforma Ulisse, una delle 44 piattaforme che l’Unione Europea aveva costruito tra il 2017 e il 2018, per fronteggiare l’esodo di massa, era gestita dal governo italiano.
Erano state posizionate lungo la linea di confine delle acque territoriali, una ogni 20km, formando una barriera invalicabile.  


Ogni nazione, appartenente alla comunità europea aveva costruito una o più piattaforme, ognuna dal costo di 50 milioni di euro, per una spesa complessiva di 2 miliardi e 200 milioni. Non s’era trattato di far quadrare i conti, visto che nel corso degli anni l’Europa aveva speso ogni anno più di 1 miliardo di euro tra prevenzione, accoglienza e rimpatri, non considerando il grande dispiegamento di forze militari per tutto il paese e il danno turistico che l’Italia in primis aveva subito per decenni.
L’isola di Lampedusa fino al 2017 era diventata un centro di accoglienza permanente per migranti: rifugiati politici o clandestini.
Facendo un breve calcolo, nel giro di 2 anni e mezzo la spesa impiegata per costruire le piattaforme avrebbe equiparato quella che si sarebbe spesa con il vecchio sistema, senza contare le spese extra per fronteggiare la crescita esponenziale delle migrazioni ed i disagi ad essa collegati. Quelle che non si sarebbero più recuperate erano le vite di migliaia di migranti che nel corso di un decennio non sono mai riuscite a toccare terraferma. Quei momenti drammatici sono ormai diventati solo un ricordo e le vite perse sono diminuite sempre più, fino ad annullarsi. All’inizio alcuni Stati dell’Unione, specie quelli del nord Europa, non avevano visto di buon grado la costruzione delle piattaforme ma poi pian piano hanno compreso che l’unico rimedio per fermare quel genocidio e l’esodo di massa verso le coste europee, era proprio lo sbarramento preventivo.
Dalle piattaforme veniva controllato ogni movimento in mare, di giorno e di notte, senza l’ausilio di dispendiose navi ed aerei militari che vagavano in lungo e in largo per il mediterraneo.
Spesso, vista l’esigua distanza tra le piattaforme, l’avvistamento avveniva anche senza l’aiuto di strumenti elettronici ed una volta avvistato un barcone, un elicottero ed alcune vedette lo raggiungevano, scortandolo verso la piattaforma più vicina. Qui i migranti venivano accolti e gli scafisti arrestati.


Sulla piattaforma Ulisse il clima era disteso; i migranti accolti venivano condotti nell’area di prima accoglienza per essere sottoposti ai controlli medici di routine. Veniva dato loro cibo e acqua, e successivamente condotti nella sala di identificazione. Nel giro di poche ore, venivano separati i rifugiati dai clandestini, cioè coloro che non fornivano documentazione attestante le proprie generalità e paese d’origine. Quest’ultimi, in attesa della non facile e lunga identificazione venivano smistati su altre piattaforme. Ogni piattaforma era composta da una pista per elicotteri, un’area per la prima accoglienza, un pronto soccorso con attrezzature ospedaliere, una sala comando, un dormitorio militare, un dormitorio per l’accoglienza fino ad un massimo di 100 persone, una mensa, due gruppi di servizi igienici: uno per i militari e l’altro per i migranti. Si era messo a punto un sistema di coordinamento computerizzato che individuava in tempo reale i posti disponibili su ogni piattaforma, in modo da smistare i migranti, suddividendoli in gruppi di circa 70 persone. Nonostante le piattaforme avessero una capienza totale di oltre 3000 persone, lo scopo era quello di trattenerli il meno possibile, rispedendo a casa quelli irregolari. Dopo circa 1 anno dalla costruzione delle piattaforme, i barconi diminuirono, perché dai vari paesi dell’Africa e dell’Asia Orientale, era giunta voce che era stato creato uno sbarramento nel Mediterraneo, a confine delle acque territoriali, e raggiungere la terraferma era diventato un miraggio. Gli scafisti non avevano più scampo, come pure i vari gruppi terroristici che dai migranti disperati traevano il sostentamento economico per le loro organizzazioni.
L’UE e i suoi paesi membri avevano costruito una fortezza sempre più impenetrabile e contemporaneamente aveva intrecciato rapporti diplomatici con quei paesi che favorivano le partenze dei barconi.
Il piano europeo per la salvaguardia degli immigrati, aveva previsto che il sistema delle piattaforme militari avrebbe iniziato a dare i suoi frutti nel giro di due anni, perciò aveva pensato ad un utilizzo parallelo.
Ogni nazione accanto all’azione preventiva militare, aveva sviluppato varie attività di ricerca riguardanti lo studio dell’ecosistema o l’archeologia marina, l’analisi dei flussi ed il controllo delle merci illegali attraverso le navi mercantili. Le piattaforme erano diventate una sorta di dogana marina dell’Unione Europea ma allo stesso tempo fungevano da collegamento commerciale e diplomatico con i paesi del Nord Europa. Non tutto era stato risolto perché nei paesi di origine dei migranti, molto spesso si fuggiva per miseria ma l’Europa decise di risolvere un problema alla volta e senza spargimenti di sangue.